Chi sono questi professionisti, quale è il loro ruolo e come distinguerli fra loro?
Quando si parla di queste figure della salute mentale si tende a fare di tutta l’erba un fascio. Si direbbe che la tendenza sia quella di pensare ai matti. Insomma dove c’è uno psicologo, psicoanalista o uno psichiatra c’è un matto che deve essere curato.
Innanzitutto occorre specificare che tutte e tre queste figure professionali non si occupano di certo solamente della follia, che è un concetto estremo di disagio, ma di tutte le fasi che potrebbero precedere il disagio stesso. Una volta specificato che questi professionisti si occupano del disagio più che della follia occorre, comunque, ammettere che pensare alla follia crea un certo turbamento, forse perché ognuno di noi ha bisogno di avere il pieno controllo di sé e la perdita della ragione è un aspetto che spaventa chiunque. Il disagio è una condizione normale e transitoria che tutti provano nella loro esistenza e, quando si pensa a questi professionisti della salute mentale, è opportuno riferirsi al fatto che la follia è una manifestazione estrema e rara di una condizione di difficoltà, comunque, spesso transitoria e risolvibile.
Salute è anche sinonimo di benessere e quindi possiamo affermare che queste figure si occupano, tutte assieme, innanzitutto del benessere.
Per differenziare concretamente fra loro le figure di Psicologo, Psicoanalista e Psichiatra dobbiamo innanzitutto sottolineare che tutte conoscono la Psicologia e le sue teorie in maniera approfondita ma ognuna è specializzata in alcuni aspetti. Nello specifico possiamo distinguere lo Psichiatra, rispetto alle altre due figure professionali, per il fatto che ha una preparazione di base in campo medico e di conseguenza a ciò è abilitato alla prescrizione di farmaci che possono agire, a seconda della patologia e della sua gravità, sull’umore, sulle attivazioni fisiologiche e sulla regolazione del metabolismo.
Lo Psicoanalista e lo Psicologo non prescrivono farmaci ma aiutano le persone a livello del pensiero a comprendere o modificare, ove necessario, il comportamento, gli stati d’animo e le emozioni che ne conseguono al fine di migliorare il benessere. Lo Psicoanalista per esercitare la professione, dopo la laurea in Psicologia o Medicina, deve svolgere una scuola di specializzazione quadriennale per somministrare la terapia psicoanalitica che si riferisce al suo ideatore, Sigmund Freud e si distingue, oggi, in una vasta moltitudine di orientamenti differenti che consistono in metodi, essenzialmente verbali, volti a elaborare assieme alla persona una riduzione di sintomi o una modificazione della struttura di personalità nel caso in cui vi siano dei disturbi del comportamento o condizioni di sofferenza che lo richiedano. La terapia psicoanalitica prevede quindi un processo interpersonale (terapeuta-paziente), consapevole e pianificato di elaborazione o rielaborazione del vissuto.
Lo Psicologo NON fa terapia psicoanalitica e viene definito, dall’articolo 1 della Legge del 18 febbraio 1989 n. 56, nel modo seguente: “La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito”.
Per comprendere ancora meglio di cosa si occupi esattamente lo psicologo si può fare riferimento al codice deontologico dell’ordine degli psicologi per cui nell’art. 3 emerge che lo Psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere sé stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace…”. Inoltre, l’art 4 evidenzia altri aspetti fondamentali che consistono nel rispetto della dignità, del diritto alla riservatezza, dell’autodeterminazione ed autonomia di coloro che si avvalgono delle prestazioni dello Psicologo.
In basse agli articoli appena enunciati emerge quindi che lo Psicologo si occupa di diagnosi, abilitazione, riabilitazione, sostegno e di promuovere il benessere psicologico, aiutando le persone ad autodeterminarsi e a migliorare la loro capacità di comprendere sé stesse e gli altri.
La diagnosi è un aspetto molto importante, anche se è un termine che si associa molto facilmente alla malattia quindi è facile che quando si parli di diagnosi le persone vivano uno stato d’animo negativo determinato dal timore che possa emergere la presenza di un disturbo. Questo, a sua volta e soprattutto in ambito psicologico, determina il timore di “non essere normali”. Ciò accade soprattutto per via del fatto che il vivere sociale sia caratterizzato da regole e consuetudini comuni la cui violazione potrebbe determinare stigmatizzazioni. In altre parole, le persone che assumono un comportamento inconsueto possono subire l’esclusione o l’emarginazione dal gruppo. Da questo scaturisce l’aspetto negativo e prevaricatore dello stereotipo del “matto” che ancora oggi non riusciamo a scollarci di dosso. La così detta “follia”, infatti, è risultata anche essere un pretesto utilizzato in periodi storici, non molto lontani, da regimi totalitaristici per giustificare l’internamento di personaggi politicamente scomodi.
Lo psicologo oggi, come sottolineato precedentemente, non si occupa solamente del benessere delle persone ma anche della loro dignità e autodeterminazione, è infatti compito di questa figura professionale tutelare le persone che stanno vivendo, indipendentemente dalla loro gravità, disturbi o disagi sul piano psichico. In Italia, con la legge Basaglia (180/1978), sono stati chiusi i manicomi anche per ridare dignità alle persone che effettivamente hanno un disturbo mentale.
Data l’importanza dell’argomento “normalità” riserverò ad esso un approfondito articolo e in questa sede mi limito a sottolineare gli aspetti della diagnosi che, messi da parte giustificati timori, può risultare maggiormente accettabile se considerata dal punto di vista della valutazione dei problemi.
Questa valutazione dei problemi (diagnosi) fa parte, appunto, delle competenze dello psicologo. Si tratta un aspetto molto importante e delicato perché a seconda della manifestazione del disagio, le modalità di intervento possono essere radicalmente differenti e riguardare di conseguenza una figura professionale diversa, rispetto a quella dello Psicologo stesso. Quest’ultimo è tuttavia preparato a valutare il disagio e, nel caso in cui sarà necessario, saprà indirizzare la persona verso una delle altre due figure professionali, cioè, uno Psicoanalista oppure uno Psichiatra. Come ho già precedentemente illustrato, nel caso in cui vi sia bisogno di un farmaco lo Psicologo potrà inviare la persona da uno Psichiatra e, nel caso vi sia bisogno di modificare profondamente una personalità mediante una psicoanalisi, l’invio potrà avvenire verso uno Psicoanalista.
lo Psicologo, per riassumere, valuta il problema facendo una diagnosi mediante strumenti conoscitivi quali il colloquio clinico e l’uso di test psicologici, interviene su disagi legati al pensiero e al comportamento che ne consegue. Lo Psicologo, inoltre, fornisce strumenti di gestione dei problemi, delle emozioni, delle motivazioni aiutando le persone ad abilitarsi ad un comportamento più consapevole, congruo ed efficace.
Tutto ciò si riferisce ad ambiti di vita delle persone quali l’attività lavorativa, gli aspetti affettivi, la gestione delle emozioni, la soluzione di problemi e le relazioni interpersonali.